Le donne cilene difendono l’acqua con l’arte pubblica
di Rachele Donnini
Per migliaia di anni, le donne delle donne delle comunità indigene cilene hanno trattato l'acqua come un bene comune, una risorsa da curare, proteggere e preservare. Nel 1981, con la dittatura di Augusto Pinochet, le cose iniziano a cambiare. Con l’introduzione del Código de las Aguas, promulgato nel 1981, l’acqua è stata definita un bene mercantile, da privatizzare, diventando appannaggio di ‘pochi’, in particolare industrie e multinazionali. Come spiega Rodrigo Mundaca, docente di agronomia e governatore della regione nel Valparaiso, nel suo contributo al Mostrador, durante la dittatura l’acqua ha iniziato a essere fornita gratuitamente e in forma perpetua ai privati, generando un “mercato dell’acqua” in cui i suddetti privati hanno potuto vendere, affittare, monopolizzare o ereditare l’acqua, indipendentemente dalle condizioni climatiche.
Come conseguenza, tantissimǝ cittadinǝ, in particolare agricoltoriǝ della regione del Valparaiso, al centro del Cile, ma non solo, hanno visto i loro fiumi prosciugarsi, fino a trovarsi davanti un panorama arido e secco, come riportano le testimonianze raccolte da MUCHECH, il Movimento contadino e di unità etnica cileno. Secondo i dati del rapporto idrico del MOP (Ministerio de Obras Publicas), nel 2023 circa 6,3 milioni di persone in 128 comuni cileni si sono trovate in condizioni di siccità.
Ma l’assenza di acqua è direttamente legata all’industria, in particolare quella agroalimentare per la produzione di avocado destinato all’esportazione. Secondo i dati riportati dallo studio dell’Università del Chile condotto nella regione del Valparaiso, zona centrale dello stato maggiormente affetta da siccità, sono stimati circa 876 𝑚3 (paragonabili al volume di 350 piscine olimpioniche di dimensioni standard) per una tonnellata di avocado. Questo eccessivo consumo d’acqua, calcolato nello studio come 93 volte maggiore rispetto alla disponibilità idrica del fiume Ligua, sempre nella regione del Valparaiso, rappresenta un’attività insostenibile nel tempo, andando a prosciugare la disponibilità di acqua presente nei bacini idrici. Il consumo eccessivo di acqua è anche dovuto a caratteristiche biologiche degli alberi di avocado: le loro radici, concentrate nei primi 20-60 cm di suolo, non permettono l’accesso totale all’acqua più profonda, e, allo stesso tempo, le loro foglie traspirano alte quantità di acqua al fine di mantenere elevata la fotosintesi.
Secondo i dati recenti del Comite de Paltas de Chile, durante la stagione 2024-2025, l’Europa è stato il mercato principale di destinazione, ricevendo il 57% delle esportazioni (ossia circa 77.000 tonnellate su un totale di 136.000 destinate all’estero). A causa di questa domanda estera, come riporta un altro report del Comite de Paltas de Chile sulla produzione e varietà di avocado in America Latina, questo frutto si è avvalso nel tempo dell’appellativo di ‘oro verde’, in particolare dovuto all’alto prezzo raggiunto sul mercato, che nel 2023 ha toccato il picco di 10 mila pesos per un chilo.
La distribuzione dell’acqua in Cile è dunque ineguale: la coltivazione intensiva e la sovra-allocazione dei diritti sull’acqua, concessi unicamente a partire dagli anni 80’ e 90’ al settore agroalimentare e minerario, l’hanno resa un bene di lusso. Come riportato dallo studio promosso da tre ricercatori dell’Universidad de Las Americas del Chile (Juan Correa-Parra, Josè Vergara-Peruchich e Carlos Aguirre-Nuñez), l’1% dei detentori d’acqua ne possiede il 79,02% e il 90% di questa risorsa è in mano al settore agroalimentare e minerario.
La resistenza delle vedove dell’acqua tramite l’arte
Mentre l’acqua viene privatizzata, le donne di diverse comunità, in particolare della regione del Valparaiso, portano avanti richieste contro l’usurpazione di questo bene.
Il gruppo più consolidato di questa resistenza è quello delle Mujeres Modatima - Movimiento por la Defensa del Acceso al Agua, la Tierra y Defensa del Medio Ambiente, nato nel comune di Petorca nel 2010. Il segno distintivo dell’organizzazione è la lotta permanente volta al recupero dell’acqua per le comunità, al fine di renderla un bene comune e un diritto umano. Uno dei loro motti più cantati durante le manifestazioni è:
“De las mujeres como del agua depende la vida”. ”La vita dipende dalle donne come dall’acqua” .
Tra di loro, una donna coordina la lotta contro l’estrattivismo delle industrie e la difesa dell’acqua attraverso l’arte. Si chiama Raquel Gonzalez, è una storica attivista del gruppo di Mujeres Modatima e professoressa presso il liceo rurale di Pullaly (paese in provincia di Petorca, sempre nella regione del Valparaiso). Nel 2019, Raquel ha fondato il gruppo delle viudas del agua, le vedove dell’acqua, parte artistica del movimento Mujeres Modatima. Queste vedove sono donne senza mariti che non sono mai morti, ma sono emigrati altrove, in cerca di migliori condizioni climatiche e lavorative. Con lo slogan ‘Nos quieren monocultivo pero somos bosque nativo’ - vogliono fare di noi delle monocolture, ma siamo una foresta nativa -, queste donne, che nel 2021 hanno adottato il nome di Mujeres del Agua, fanno conoscere tramite pratiche artistiche la situazione del territorio in cui sono cresciute e il modo in cui l’hanno visto cambiare, assistendo in prima persona al prosciugamento dei fiumi.
“Una delle prime opere teatrali che abbiamo presentato è stata El Despojo (Il saccheggio) al Festival Valle de Liwa”, spiega Raquel Gonzalez a Voice Over Foundation, “non parlava solo di acqua ma anche del saccheggio delle donne, così come lo viviamo noi stesse. Parlava di come affrontiamo la situazione, di come ci proteggiamo, di come ci sosteniamo in questi momenti, quando sentiamo di non avere nessuno al nostro lato.
Non si tratta solo di espropriazione dell'acqua, ma di tutto ciò che questa comporta: l’espropriazione della famiglia, della salute, dei servizi igienici, del cibo”.
L’opera del “Il saccheggio - El Despojo” è stata portata in scena dalle tre professoresse e Mujeres del agua Gabriela Valdivia Vilches, Tania Hernàndez Gonzalez e Raquel Gonzalez. Attraverso i linguaggi del teatro e della danza, quest’opera porta in scena la relazione tra una madre e una figlia che si ritrovano in un clima di siccità, in cui cercano di abbracciarsi, sostenersi e avanzare lungo un sentiero arido.
“Il saccheggio” non è la prima opera artistica che mette al centro del dibattito pubblico l’acqua.
Patricia Domínguez è un'artista visiva cilena che ha invitato le Mujeres del agua a far parte del suo cast per l'opera teatrale "La Ballata delle Sirene Secche". “È venuta qui nella provincia a filmare e ad osservare, facendo ricerche, scattando foto”, ricorda Raquel Gonzalez. L’opera di Domínguez è stata presentata per la prima volta nel museo Thyssen-Bornemisza di Madrid nel 2021.
Chiamata per documentare il disastro ambientale causato dalla monocultura di avocado e dalla mega siccità, la regista mostra in questo video le Mujeres del agua circondate da piantagioni di ‘oro verde’, terreni aridi e carcasse di animali morti per disidratazione. Nei primi minuti dell’opera, Dominguez ci mostra le vedove intente con le loro lingue ad ottenere acqua dagli alberi di avocado secchi. Come osserva giustamente la professoressa universitaria Maria Josè Barros nella sua analisi dell’opera, la forma degli avocado e il loro aspetto ruvido e pendente suggerisce la forma di testicoli e quindi la presenza di uno sfruttamento patriarcale del territorio.
Un’ altra opera importante che racchiude l’essenza artistica di queste donne è il libro "Aguas Libres", all’interno del quale sempre Maria Josè Barros intervista otto artiste cilene, tra cui varie Mujeres del agua, che lavorano per la difesa dell’acqua. Un’ artista intervistata è Sebastián Calfuqueo, donna mapuche che, tramite le sue opere come Espejo de Agua (2021), abborda la tematica della difesa dei territori indigeni minacciati dal capitalismo estrattivo.
L’esibizione di Calfuqueo è divisa in due parti. La prima è Mercados del Agua: 27 bidoni azzurri in ceramica disposti sul suolo in modo simmetrico, sopra ognuno dei quali si leggono parole tratte dal Código de las Aguas (come decreto, extracción, lluvias). In questa prima parte l’acqua, invece che scorrere libera, è imprigionata nei contenitori. Nella seconda parte, Palabras al agua, si osserva un fiume fatto di tela che cade dall’alto verso il basso. Camminando al lato del fiume, si leggono frasi quali: ‘No separar las aguas de la tierra’, “Non separare l’acqua dalla terra.”
Tra i progetti promossi dalle Mujeres del agua, sempre in collaborazione con Modatima, c’è la scuola ambientale Modatima, un progetto che mira a diffondere tra bambinǝ e adolescenti di Petorca conoscenze e abilità per riconoscere e mitigare problemi ambientali.
In seguito all’installazione di tre serre, i partecipanti al progetto hanno potuto seminare diverse specie agricole, apprendendo concetti sull'agricoltura, la germinazione e sull'uso sostenibile dell’acqua. “Questo progetto ha rappresentato un punto di partenza per insegnare la consapevolezza ambientale ai bambinǝ” , spiega Raquel.
Nodo centrale del progetto è stata la piantumazione di specie autoctone e il monitoraggio da parte dei bambinǝ della loro successiva crescita. Benché oggi la scuola sia chiusa a causa di assenza di fondi, il loro obiettivo resta quello educativo. “Adesso vogliamo trovare il modo di formare guide che aiutino gli insegnanti ad affrontare in classe le problematiche idriche, ambientali e la perdita di un’ identità culturale”.
Ritrovare una relazione con la cultura indigena e l’ambiente
Proprio per questa connessione con la loro identità culturale e con gli antenati diaguita, (popolazione indigena che abitava la zona andina del Norte Chico del Cile e il Nord-Ovest dell’Argentina dal 1000 d.C. fino alla colonizzazione inca e spagnola),
tra gli altri percorsi attivi vi è quello sul recupero delle conoscenze ancestrali per combattere il cambiamento climatico,
iniziato nel dicembre del 2024 e tuttora operativo. Questo programma, svolto dalle vedove in collaborazione con circa quindici donne e tre bambinǝ, principalmente di Puyallì, ha previsto la coltivazione di piante medicinali, in cui hanno imparato a riconoscerle e a prendersene cura. Suddiviso in vari incontri guidati da Carito Quiñones (fondatrice del gruppo Warmi Medicina de la Tierra), le mujeres del agua hanno studiato e appreso metodi antichi nella gestione delle piante e dell’acqua, applicandoli poi in prima persona. Tramite questi incontri le donne hanno usato principi della fitocosmesi e sono arrivate a creare tramite processi sostenibili prodotti biodegradabili per la cura personale.
Infine, una parte di questo programma è stata dedicata all'escursione notturna alla Valle de Alicahué , nel Cabildo, avvenuta il 29 marzo 2025. “È l’unica valle della provincia di Petorca che ha ancora acqua” , prosegue Raquel, “e quindi
la nostra idea è stata quella di valorizzare quell’area affinchè le persone conoscano e continuino a riconoscere la diversità di flora e fauna che ci fornisce l’acqua e che non troviamo più nelle nostre parti. Abbiamo chiamato anche un astrofotografo e abbiamo visto le costellazioni, analizzato la Croce del Sud e il rapporto che le stelle hanno con la nostra terra, con i nostri antenati, di come ci guidano e ci proteggono”.
Secondo Raquel, dal 2023 in poi, l’opinione pubblica ha iniziato a parlare meno della situazione del suo popolo a causa dell’aumento delle piogge. Tuttavia, secondo l’attivista, questo fenomeno rappresenta una bella e brutta notizia allo stesso tempo.
“La storia del mio popolo ha una memoria fragile”, continua Raquel, “Fin quando disponiamo del bene vitale, va tutto bene. Poi, quando le cose iniziano ad andar male, quando smette di piovere e non abbiamo più acqua, allora iniziamo a ricordarlo di nuovo. Quindi non dobbiamo aspettare i momenti difficili per ricordare cosa ci sta succedendo”.
Raquel González e le Mujeres del agua continuano perciò, col loro attivismo in ambito artistico, a lottare contro la fragilità della memoria e a promuovere attività di riconnessione con la natura del loro territorio e con le usanze dei loro antenati. “Perchè prima della lotta politica c’è bisogno di educare la società. Perchè dobbiamo tornare indietro, recuperare la nostra memoria, e con questa la memoria dell’acqua”.