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lucciole
Dicembre 22, 2023
NEWSLETTER

Lucciole #1

La newsletter di Voice Over

#01  (del 17 settembre 2023)


Benvenut* nel primo numero di Lucciole!

Se ancora non ci conosci bene, ti raccontiamo un po’ di noi.
Voice Over Foundation nasce nel 2020 con una visione politica di cambiamento sociale e protezione del pianeta.
Dal 2021 ci occupiamo di giustizia sociale, economica e ambientale attraverso percorsi di advocacy partecipati e iniziative di divulgazione.

Crediamo nel potere delle storie per immaginare e quindi costruire un presente e un futuro diverso.
Per questo le teniamo al centro della nostra narrazione, e creiamo spazi di ascolto attorno alle voci di persone protagoniste del cambiamento. Sono racconti che racchiudono un invito rivolto a chi li ascolta: attiviamoci insieme, lungo un percorso condiviso, necessario, possibile.

La newsletter di Voice Over nasce dopo due anni di attività per raccontarti le storie delle nostre Lucciole: persone che hanno trovato dentro di sé quella luce capace di illuminare una via di cambiamento, e che stanno dedicando la propria vita a costruire un mondo più giusto.

In queste pagine, ti raccontiamo chi sono, come il loro percorso si è intrecciato con il nostro e, attraverso le loro testimonianze, speriamo di fornirti gli stimoli giusti per riflettere e immaginare nuovi scenari; proporti chiavi di lettura alternative e occasioni di approfondimento sui temi di cui ci occupiamo e che stanno alla base della visione che promuoviamo attraverso il nostro lavoro.

All’interno di Lucciole troverai anche consigli di lettura, di ascolto, visione e gli appuntamenti a cui non mancare.

Oltre all’appuntamento bimestrale con Lucciole, attraverso la newsletter riceverai anche i Save the date dei nostri eventi ed altri aggiornamenti importanti sulle nostre attività e quelle della nostra community di appartenenza.

Grazie per essere qui con noi.

Buona lettura!

Il team di Voice Over


La voce di questo numero

La voce di questo numero è di Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati. Francesca è stata una delle protagoniste del primo evento della campagna “Decolonizing Narrative”, un ciclo di seminari ed eventi pubblici sulla libertà di espressione, i diritti umani, il giornalismo di interesse pubblico organizzato da Voice Over. L’evento “Shrinking Spaces: libertà di espressione e protezione dei diritti umani in Palestina” si è svolto il 18 aprile scorso all’Università degli Studi di Milano.

Protagonist*, oltre a Francesca, Piero Graglia, professore di Storia delle relazioni internazionali, Giovanni Fassina e Laila Sit Aboha dell’European Legal Support Center - ELSC, organizzazione indipendente che difende, con consulenza e assistenza legale gratuita, associazioni, ONG, gruppi e individui che si battono per i diritti dei palestinesi nell'Europa continentale e nel Regno Unito, Sarah Abdel Qader del The Palestinian Institute for Public Diplomacy - PIPD, e Christian Elia, giornalista e autore e co-direttore della testata Q Code Magazine


La voce di Francesca Albanese

“Penso che il mio compito sia quello di partecipare con il mio impegno ad un importante processo in corso, quello della piena “decolonizzazione” del diritto internazionale”.

Ce ne fossero di persone come lei. Persone che mettono il proprio corpo, storia e sapere al servizio di qualcosa di più grande. Lo si intuisce appena la si ascolta parlare. Nelle aule istituzionali di un’università o durante una diretta su Instagram. Semplice e diretta, mai approssimativa ma comprensibile a tutt*, anche quando sviscera questioni spinose come il diritto internazionale. 

Francesca Albanese, 46 anni, è una giurista internazionale, accademica italiana e dal 1 maggio 2022 è stata nominata Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati. È la prima donna in trent’anni ad occupare questo incarico non pagato e, fin dall’inizio, ha deciso di trasformarlo in una posizione pubblica portando a conoscenza delle persone comuni i contenuti delle Nazioni Unite, perché “i diritti umani o sono della gente o non servono a niente”, dice lei con un piglio orgoglioso. È una di quelle persone che dice e fa le cose perché è giusto farle, anche a costo di veder recapitare a lei e alla sua famiglia mail, lettere e minacce di morte. 

Perché questo significa difendere oggi i diritti umani, in particolare i diritti dei Palestinesi che vivono in un territorio occupato illegalmente da oltre 56 anni. E se le chiedi “come si fa?” lei risponde “non bisogna avere paura perché chi si occupa di diritti umani porta una croce”. La sua croce è quella del diritto internazionale, uno strumento importantissimo e neutro che dovrebbe servire per dirimere controversie internazionali e tutelare tutti i popoli, inclusi quelli più dimenticati, come il popolo palestinese ma che molte volte è strumentalizzato dagli Stati per i propri interessi.

Ed è per questo che Francesca Albanese non si risparmia un attimo: eventi pubblici, dibattiti, dirette online, interviste per sensibilizzare, informare e coinvolgere, soprattutto i giovani, perché quello che è successo negli anni è una narrazione sempre più distorta della realtà dove raramente viene raccontata l’occupazione violenta e brutale di uno Stato coloniale - Israele - che impone una legge marziale sulle persone e i territori che ha occupato illegalmente. E ancora meno, vengono raccontati i palestinesi per le ragioni della loro lotta. “I palestinesi si battono per i diritti culturali, civili, economici, politici e sociali, e soprattutto per il proprio diritto all'autodeterminazione che è il diritto ad esistere come popolo, e a farlo da donne e uomini liberi. Questa è la Palestina di oggi, questo è ciò che vogliono i palestinesi e che significa innanzitutto libertà”, spiega Albanese intervistata da Michela Grasso (Spaghetti Politics) e Sara Manisera in un'intervista su IG.

Sono sempre le parole di Francesca a restituirci uno sguardo complesso su cosa vuol dire essere protagoniste di un cambiamento sistemico: “L’invasione dell’Ucraina ha dimostrato quanto la mentalità dell’establishment europeo sia impregnata di colonialismo perché mentre si accoglievano giustamente le persone in fuga dall’Ucraina, si lasciavano morire altre persone lungo la rotta balcanica o nel Mediterraneo. La guerra in Ucraina ci ha fatto realizzare quanto il mondo occidentale sappia bene come si applica il diritto internazionale in situazioni di aggressione, occupazione e conflitto. In questo caso si è trattata di un’aggressione, di una guerra di occupazione e si sono prese le misure necessarie a livello diplomatico, economico e politico per arginare uno Stato che ha commesso delle gravi violazioni del diritto internazionale e dei crimini internazionali. Questo non si applica però nei confronti di Israele che da oltre 56 anni occupa ciò che resta della Palestina storica, da cui scacciò 750.000 palestinesi dalle loro terre e case tra in 1947-1949, impedendo ai palestinesi di esercitare il diritto all’autodeterminazione e di vedersi garantiti i pieni diritti. 

Ecco perché penso che il mio compito sia quello di partecipare con il mio impegno ad un importante processo in corso, quello della piena “decolonizzazione” del diritto internazionale”. 

Francesca lo sa bene, non è un lavoro facile difendere i diritti umani ma questa croce che lei e tantissim* altr* si portano addosso serve a garantire un futuro migliore a tutt* noi. 


Approfondisci con noi

Per conoscere meglio il lavoro di Francesca Albanese e per saperne di più sulla Palestina e su cosa vive ogni giorno il popolo palestinese, puoi ascoltare l'intervista realizzata su IG da Sara Manisera e Michela Grasso (Spaghettipolitics), mentre qui trovi la trascrizione pubblicata nell’hub di Voice Over. 

Ma per quale motivo la questione palestinese è dimenticata e narrata in modo sbagliato dai media meinstream italiani? 

Lo spiega qui il giornalista Christian Elia. 


Altre risorse utili

In questo video Amnesty Italia ti spiega perché è nato un sistema di apartheid contro la popolazione palestinese.

Questo Podcast prodotto da Altreconomia sul trattato di Oslo del 1993, risponde a queste domande: cosa resta del processo di pace che avrebbe dovuto cambiare il Medio Oriente e non solo? Come sarebbe dovuta andare e soprattutto come è andata a finire, invece, tra Israele e Palestina?

Questo podcast a cura di Giovani Palestinesi d’Italia raccoglie le voci sulla diaspora palestinese in Italia.  

In questo episodio di Omissis, il podcast di ReCommon sui canali web di Radio Popolare, puoi approfondire come East Med, il gasdotto della pace fra Israele e l'Egitto, sia dannoso per l'ambiente e rafforzi il regime di apartheid contro i palestinesi. 

Infine, questo episodio del podcast The Take, pubblicato da Al Jazeera, fa luce sul legame tra l’industria tecnologica israeliana e l’occupazione.


Alla prossima! 

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