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seawatch
Febbraio 28, 2024
DIRITTI UMANI

Non si lasciano morire persone in mare: perché si deve parlare di diritto al viaggio

Approfondimento di Michela Grasso

È a dir poco inconcepibile ma in Italia, chi salva vite, va a processo. Il 30 dicembre 2023, il vascello Ocean Viking, dell’organizzazione umanitaria Sos Mediterranee è stato costretto a un fermo amministrativo di venti giorni nel porto di Bari e al pagamento di una multa di 3300 euro. L’accusa? Non aver rispettato le direttive dettate dal Decreto Piantedosi, deviando di 15 miglia nautiche la propria rotta da quella imposta, per salvare la vita a 70 persone in pericolo di naufragio. Dal 2 gennaio 2023, data di introduzione del Decreto, le navi civili impegnate nel salvataggio dei migranti nel Mediterraneo sono obbligate a sbarcare in porti assegnati, spesso lontani e scomodi da raggiungere, senza possibilità di deviazioni. 

«Salvare vite umane non potrà mai essere un reato, siamo convinti di operare secondo le convenzioni internazionali», dice Denny Castiglione, 32 anni, attivista di Mediterranea Saving Humans, un’organizzazione umanitaria nata nel 2018 dall’iniziativa di una moltitudine di persone che hanno scelto di non restare indifferenti di fronte alla sofferenza di migliaia di persone. “È una questione di umanità: non si lasciano morire le persone in mare. I decreti imposti dal nuovo governo tendono a scoraggiare la flotta civile dal continuare le missioni nel Mediterraneo centrale, ma noi non ci arrendiamo. Come non ci arrendiamo a portare la bandiera italiana sulla nostra nave, l'unica della flotta civile. È prima di tutto una sfida politica a cui non vogliamo sottrarci». Oggi Mediterranea Savings Humans conta più di 3700 persone e opera in 40 territori intorno al mondo sia in mare che sulla terra ferma. 

Il 2023 è stato un anno di numerose partenze nel Mediterraneo; più di 155 mila persone, principalmente da Tunisia o Libia, hanno raggiunto le coste italiane. Con un numero di morti e dispersi che supera i 2500, e che si aggiunge ai più di 28mila migranti morti o dispersi nei dieci anni precedenti. Un aumento di arrivi rispetto agli anni precedenti: il 2022 ha visto 103 mila persone sbarcate, e il 2021, 67.040. «In questi anni abbiamo subito diversi fermi amministrativi, indagini, sequestri e campagne discriminatorie», spiega Castiglione a Voice Over Foundation, mentre è impegnato in Ucraina a coordinare un progetto sanitario nell’Oblast di Leopoli per Mediterranea Saving Humans. «Recentemente la Mare Jonio ha subito un fermo amministrativo e una multa per non essersi coordinata con le autorità libiche durante un soccorso. È surreale. Ci viene contestato di non aver chiesto alla guardia costiera libica, gli aguzzini di chi abbiamo salvato, un porto dove riportare queste persone, come se fossero merci, come se le torture subite in Libia non contassero nulla. Per non parlare della follia dell’assegnazione di porti a centinaia di miglia dal luogo di soccorso, un’azione politica fatta per scoraggiare le organizzazioni come la nostra, infliggendo ulteriori sofferenze a chi viene soccorso. Questa è pura crudeltà».

La situazione legale dei salvataggi nel Mediterraneo sembra mutare e complicarsi con l’insediamento di ogni nuovo governo, e nel mezzo di questi cambiamenti, c’è una costante che resta invariata: l’orrore da cui scappano le persone migranti quando si lasciano alle spalle le sponde della Libia e della Tunisia. Negli anni passati, diverse istituzioni, tra cui l’ONU, hanno denunciato le violazioni dei diritti umani commesse in Libia, dalle violenze della guardia costiera alle condizioni inumane in cui vengono detenuti, sequestrati, torturati i migranti. Nonostante la situazione sia ben nota, la collaborazione tra le istituzioni europee e il governo libico per riportare le persone migranti in Libia, va avanti dal 2016 ed è stata riconfermata nel 2023. Giorgia Linardi, 34 anni, lavora per Sea Watch dal 2015, oggi è portavoce dell’organizzazione non governativa e racconta a Voice Over Foundation quali sono i motivi della collaborazione tra Unione Europea e la Guardia costiera libica. «L’Unione Europea, con le sue politiche, sta cercando di costruire un muro nel Mar Mediterraneo per impedire ai migranti di entrare in contatto con navi e persone europee. Perché questo avviene? Nel 2012, la Corte Europea di Strasburgo ha condannato l’Italia per i respingimenti forzati di alcune persone in Libia. In quel periodo, le navi della Marina italiana riportavano in Libia le persone soccorse in mare, violando il diritto al non respingimento: se tu sei in fuga e c’è un rischio per la tua vita nel luogo da dove stai scappando, allora c’è un divieto assoluto di essere rimandato indietro. L'Unione Europea vuole evitare di essere condannata, quindi supporta e arma la Guardia costiera libica per intercettare le persone in mare. Noi, come ONG, tendiamo il braccio a chi scappa, un gesto che rompe le politiche europee, crea contatto e impedisce che queste persone possano essere rimandate in Libia».

Negli ultimi anni, decine di migliaia di migranti sono stati intercettati dalla Guardia costiera libica, a cui l’Europa fornisce quantità ingenti di aiuti economici e militari. Secondo Human Rights Watch, dal 2017 ad oggi, l’UE “ha stanziato 57,2 milioni di euro per la gestione integrata delle frontiere e delle migrazioni in Libia”. In aggiunta, negli anni passati, sia l’Unione Europa che l’Italia hanno ceduto decine di navi alla guardia costiera libica per l’intercettazione delle persone migranti. Linardi spiega: «Chi viene preso dalla Guardia costiera libica, viene riportato nei centri di detenzione, da cui poi proverà di nuovo a fuggire, finendo nuovamente in un circolo di abusi. L’Unione Europea, affidando la responsabilità delle operazioni di recupero dei migranti alla Libia, contribuisce all’arricchimento dei trafficanti, e non propone nessuna soluzione dal punto di vista politico per fermare l’ecatombe in corso nel Mediterraneo». Negli ultimi anni, diversi volti della politica italiana, primo tra tutti Matteo Salvini, hanno puntato il dito contro le ONG, accusandole di incentivare la migrazione con la loro presenza in mare. Eppure, un’analisi dei flussi migratori pubblicata nel 2023 sottolinea come non ci sia nessuna correlazione tra la presenza delle ONG nel Mediterraneo e l’aumento dei flussi migratori. Negli ultimi anni, infatti, le restrizioni alle ONG sono aumentate, ma questo non ha impedito a decine di migliaia di persone di intraprendere il viaggio. 

Questo evidenzia quanto sia vitale la presenza delle navi di soccorso umanitario nel Mediterraneo. Ma soprattutto, ciò dimostra la necessità di portare al centro del dibattito pubblico il concetto del “diritto al viaggio”. Perché chi possiede un passaporto siriano, tunisino, maliano non può viaggiare su un aereo? Perché i paesi dell’Unione Europea non concedono i visti? 

Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, a Cutro, sulle coste calabresi, una barca con a bordo 180 persone che si trovava in profonda difficoltà a causa del maltempo è naufragata. Quella notte 94 donne, uomini e bambini hanno perso la vita, a causa dell'inazione delle Istituzioni italiane ed europee. Infatti, Frontex - l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera - e la guardia costiera italiana sarebbero stati a conoscenza della presenza dell’imbarcazione in mare e della precarietà della situazione, ma non si sono preoccupati di far partire un’operazione di soccorso adeguata. Al momento sono in corso delle indagini da parte della procura di Crotone per comprendere la dinamica di quella notte e individuare i responsabili dei mancati soccorsi. Alla tragedia di Cutro, oltre a dichiarazioni imbarazzanti da parte del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al rimbalzo di responsabilità da un ente all’altro, sono seguite numerose proteste e manifestazioni di solidarietà con i naufraghi, tra cui una Via Crucis interconfessionale guidata dall'arcivescovo di Cutro Angelo Raffaele Panzetta e dall’Imam Mustafa Achik. nonostante le numerose dimostrazioni di pubblico sdegno nei confronti delle politiche governative sulla migrazione, poco dopo la tragedia, il governo italiano guidato da Giorgia Meloni ha deciso di convertire in legge il Decreto 20/2023, anche detto “Decreto Cutro”, una vergogna a partire dal nome che specula su una tragedia umana devastante. 

Con questa norma, è stata limitata fortemente la protezione speciale, a cui si affidavano molte persone per ricevere asilo sul territorio italiano, condannandoli così all’irregolarità. «In Italia siamo dei privilegiati, tutelati da uno dei passaporti più potenti del mondo», spiega sempre Castiglione, « inoltre facciamo fatica a ricordare che da sempre, anche noi, siamo stati un popolo migrante. I privilegi che abbiamo ci impediscono di preoccuparci degli altri. Finché un evento non tocca a livello personale, non ci muoviamo. Ci arrabbiamo, ci commuoviamo di fronte alla televisione, ma poi la spegniamo e andiamo a dormire. Io sono stanco di vedere le piazze piene solo quando succedono le stragi. Serve un impegno quotidiano, altrimenti si diventa complici».

In un paese dove la migrazione viene trattata come un tema di ordine pubblico e sicurezza, e dove le persone che affrontano anni di viaggi devastanti vengono viste come oggetti, è quasi impossibile parlare di migrazione con un altro sguardo. Giorgia Linardi descrive la situazione così: «La politica ha tantissima strada da fare, anche chi si pensa progressista. Bisogna fare un lavoro di rivoluzione del linguaggio, soprattutto in vista del futuro e delle migrazioni che aumenteranno in tutto il mondo a causa del cambiamento climatico. E allo stesso modo, c’è tanto lavoro da fare anche per noi: il soccorso in mare viene usato come unica lente per parlare di migrazione, ma non è il filtro migliore né quello più positivo, noi curiamo un sintomo. Se vogliamo parlare di migrazione dobbiamo far passare quell’isteria che fa sì che si sviluppino politiche che portano la gente a morire in mare. Va normalizzato il tema migratorio, facendo conoscere le persone migranti con cui noi viviamo quotidianamente e che in questo momento non hanno il diritto di esprimersi». 

Linardi sottolinea un tema molto importante: quale lente bisogna usare per parlare di migrazione? In Italia ci si sofferma solo sull’ultimo tratto di viaggio che spesso dura anni, e che comporta grandissime perdite e sofferenze. La migrazione non esiste solo nel momento in cui qualcuno bussa alla nostra porta, esiste dal momento in cui in un paese si creano condizioni così insostenibili da non poter restare. Il problema è che quelle condizioni sono spesso create dagli stessi paesi europei - e dalle aziende o multinazionali del Nord globale - che poi pagano la guardia costiera libica per detenere e torturare i migranti. Il colonialismo e lo sfruttamento dei territori oltre al Mediterraneo non sono finiti con le proclamazioni di indipendenza del ventesimo secolo, continuano ancora oggi sotto nuove forme. 

In un 2024 apertosi con il fermo amministrativo della Ocean Viking nel porto di Bari, multata per aver salvato 70 persone da morte certa, viene spontaneo chiedersi come faccia a guardarsi allo specchio chi lascia morire persone in mare, o nel deserto, o nelle carceri libiche. In un mondo dove il bombardamento di notizie è costante, e dove l’individualismo è uno stile di vita, i cadaveri che punteggiano i fondali delle acque italiane non sono che numeri, storie lontane ascoltate distrattamente alla radio o in tv. Nel mezzo di questa apatia la soluzione é quella di tendere il braccio, come dice Linardi, perché in un’Europa dove si costruiscono muri e dove si fortificano frontiere immaginarie, è necessario costruire ponti. Sia dal punto di vista fisico, per garantire l’attraversamento sicuro a chi lo richiede, sia per trovare un antidoto all’intossicazione di indifferenza che da anni ha invaso le case degli europei. Ma per costruire ponti, è fondamentale portare al centro del dibattito pubblico il diritto al viaggio. La mancanza di vie legali per viaggiare, non fermerà i flussi migratori, perché spostarsi, muoversi e viaggiare sono azioni intrinsecamente umane a cui tutti devono avere diritto. La situazione attuale rende solo più pericoloso il viaggio, favorendo la violenza e il traffico illegale di esseri umani. L’altezza o lo spessore di un muro, fisico o metaforico, non importano; in qualche modo si riuscirà sempre ad aggirarlo. 

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