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Dicembre 23, 2022
Giustizia Climatica

I dati climatici aperti e accessibili a tutt* servono a guidare scelte economiche e politiche

La voce di Carlo Buontempo, intervistato da Sara Manisera, FADA Collective

Intervista a Carlo Buontempo, Direttore del Servizio Copernicus sui cambiamenti climatici. 


D: Puoi presentarti? Chi sei, cosa fai e qual è stato il tuo percorso accademico? 

R: Mi chiamo Carlo Buontempo, sono il direttore del servizio dei cambiamenti climatici Copernicus, lavoro per un'organizzazione che si chiama ECMWF, che è il Centro Europeo per le previsioni metereologiche a medio termine. Sono un fisico di formazione, mi sono laureato e dottorato in Italia e poi sono andato all'estero, prima in Canada e Regno Unito, adesso in Germania. 


D: Ci puoi dire esattamente che cosa fate e perché è importante questo lavoro? 

R: Il programma Copernicus è il programma di osservazione della Terra dell'Unione europea. Una buona parte del nostro lavoro si focalizza sulla progettazione e il lancio dei satelliti, l'altra parte sul recupero e analisi dei dati, tra cui dati sugli oceani, sulla qualità dell'aria, sulla superficie terrestre e sui cambiamenti climatici. Ciò che facciamo è organizzare i dati e renderli fruibili. Ad esempio, raccogliamo i dati su com'era il clima del passato. Questo ci permette di realizzare delle serie temporali, capire come si è raffreddato, riscaldato o inaridito un determinato territorio in qualsiasi parte del pianeta. Oltre a questo facciamo le previsioni stagionali, ovvero cosa succederà da qui a sei mesi e le proiezioni climatiche, ovvero cosa succederà da adesso fino alla fine del secolo. In generale, parliamo di una quantità enorme di dati che sono gestiti grazie a un'infrastruttura che abbiamo sviluppato. Se fosse musica in formato Mp3, staremmo parlando di una quantità di musica che va in continuazione da quando c'era l'homo sapiens. Il vero valore aggiunto di questo lavoro è rendere fruibile e accessibile i dati in modo gratuito, aperto a chiunque. 


D: Perché è importante rendere i dati climatici aperti e accessibili? 

R: Se è vero che possiamo discutere di qualsiasi argomento e che ciascuno può avere le proprie idee, i dati sono dati. Non possiamo discutere sui dati. Renderli aperti e accessibili significa che lo sono per chiunque. Se qualcuno dice, "la temperatura in Italia non è aumentata negli ultimi cinquant'anni", questo è in netto contrasto con le informazioni che abbiamo, che chiunque può vedere. Vent'anni fa la discussione sul clima era quasi accademica mentre oggi non è più così. Inoltre c'è un bisogno sempre maggiore di dati per guidare scelte politiche, economiche. Il mondo finanziario, come quello agricolo, energetico o delle assicurazioni, è molto interessato ai dati climatici perché vedono la necessità di minimizzare i costi indotti dagli eventi estremi e in altri casi vedono delle opportunità. 


D: I dati climatici potrebbero, quindi, aiutare a prendere delle scelte anche in ambito politico? 

R: I nostri utenti principali sono le amministrazioni pubbliche, a partire da quelle europee, ma anche gli stati nazionali, sia i governi che le amministrazioni locali. In molti campi, queste informazioni sono usate per legislazioni o regolamenti. Sappiamo che il clima sta cambiando e che questo ha delle conseguenze su molte delle nostre attività quotidiane e produttive. Una cosa sensata sarebbe quella di basare le nostre legislazioni e azioni sulle evidenze che già esistono. La sfida non è più accedere ai dati perché in parte sono disponibili, adesso la sfida è diventare più capaci nel trarre informazioni da questi dati. E questo significa, ad esempio, domandarsi dove comprare una casa oppure se continuare a lavorare in un certo territorio a livello agricolo. Penso per esempio al vino, all'ulivo o agli alberi da frutto. Ci sono una serie di scelte importanti da fare per cui l'informazione climatica è molto rilevante e molti imprenditori o pezzi della società ne sono già coscienti e agiscono direttamente sull'informazione climatica per fare delle scelte economiche e imprenditoriali. 

 

D: Ma si è ancora in tempo per fare delle scelte? 

R: Ogni giorno che passa, ogni anno che passa diventa più complicato. Non è mai troppo tardi per cambiare certo, ma dobbiamo agire in fretta per ridurre le emissioni di CO2 che al momento non si stanno riducendo. Penso che ci sia spazio per un'azione politica ma più passano i giorni, più diventeranno drastiche le azioni da prendere. Se avessimo iniziato vent'anni fa, oggi ci troveremo in una situazione migliore. Fare cambiamenti radicali non è semplice: ad esempio generare energia, distribuirla, farla in modo pulito richiede interventi enormi. 


D: Dopo la siccità di quest'estate, quali sono le previsioni a livello idrico? 

R: Le precipitazioni e le nevi di queste settimane stanno compensando l'estate asciutta di tutta l'Europa centro-occidentale. È stata l'estate più calda di sempre, preceduta da un'altra estate più calda di sempre. Le risorse idriche in Italia si sono ridotte al minimo storico, dopo una primavera poco piovosa. Non possiamo prevedere cosa accadrà in primavera, possiamo definirlo in modo probabilistico. Ciò che possiamo fare è collegare ciò che stiamo dicendo con la tendenza climatica, e l'effetto è molto chiaro. Sappiamo che i ghiacciai hanno perso trenta metri di spessore negli ultimi cinquant'anni, sappiamo che le zone con la neve permanente si sono ridotte, sappiamo che le temperature sono aumentate e l'Europa, nel suo complesso, è la regione dove le terre emerse sono aumentate di più. La tendenza è abbastanza chiara. 


D: E questa tendenza riguarda anche gli eventi climatici estremi? 

R: Se è vero che c'è una tendenza all'aridità nel Mediterraneo, non è chiara la tendenza sull'aumento di precipitazioni estreme sul bacino. Bisogna guardare caso per caso e analizzarlo. Per alcuni fenomeni ci sono dati chiari riguardo l'aumento tanto dell'intensità media che della frequenza degli eventi estremi ma solo alcune di queste tendenze sono legate direttamente ai cambiamenti climatici. In generale, comunque, quando aumenta la temperatura dell'atmosfera aumenta anche la sua capacità di mantenere acqua in forma di vapore e questo inevitabilmente ha un impatto importante sul ciclo idrologico e su i suoi estremi. 


D: Prossimi passi di Copernicus e del servizio dei cambiamenti climatici? 

R: Va innanzitutto detto che il programma che facciamo è in collaborazione con università, centri di ricerca e altri enti. Loro sono gli attori in prima linea nell'implementazione del programma. Uno degli aspetti interessanti e innovativi su cui stiamo lavorando è l'attribuzione dei cambiamenti climatici. Dopo l'ultima Cop27 e la decisione del loss and damage, l'idea è quella di stabilire se un certo tipo di evento estremo è stato causato dai cambiamenti climatici. Vorremmo iniziare dalle ondate di calore e mettere in piedi la tecnologia per stabilire se e in che misura quell'ondata di calore è legata al cambiamento climatico. L'altro aspetto innovativo del servizio di monitoraggio della qualità dell'aria con cui lavoriamo è quella sull'emissione di carbonio. La CO2 è osservabile facilmente ma la tecnologia che stiamo sviluppando permetterebbe di stabilire quali sono le emissioni specifiche di gas serra. Al momento, l'Italia o altri paesi comunicano le emissioni nette, ad esempio il traffico, le auto, l'industria ma non c'è un modo obiettivo per confrontare ciò che dicono l'Italia, l'Ungheria o la Cina. L'idea di questo servizio, che dovrebbe diventare operativo nel 2026, è quello di avere un metodo internazionale, obiettivo e indipendente dai governi. 



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