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kadir monaco
Giugno 22, 2023
Giustizia Sociale

Bisogna intervenire sul razzismo istituzionale, altrimenti non sarà mai la lotta di tutte le persone razzializzate nel nostro paese

La voce di Abdulkadir Monaco Abdullahi Omar, intervistato da Sara Manisera, FADA COLLECTIVE

Blackn[è]ss fest è il primo festival in Italia che propone una rielaborazione dell'universo afrodiscendente. Eventi e tavole rotonde per riflettere sul concetto di nerezza, secondo un percorso di decolonizzazione del linguaggio e per discutere di temi come gli effetti sulla salute mentale della profilazione razziale, la discriminazione, il razzismo ma anche la musica, il cinema, i media e la rappresentazione. 

Voice Over Foundation ha scelto di accompagnare il festival in questo percorso e di raccontarlo per tutto l'anno, attraverso le voci di chi ne è protagonista.

Intervista a Abdulkadir Monaco Abdullahi Omar, attivista e operatore sociale.


D: Come ti chiami, ci puoi dire chi sei e cosa fai? 

R: Mi chiamo Abdulkadir Monaco Abdullahi Omar, sono un attivista, originario di Torre Annunziata, e lavoro come operatore sociale. La mia militanza nasce nel 2018, a seguito di quelli che sono stati i decreti sicurezza del governo giallo-verde. In quegli anni, il razzismo istituzionale del nostro paese aumentava costantemente e, con esso, anche il razzismo atmosferico. La sensazione di minacce e di paura mi hanno portato ad attivarmi e a trovare qualcosa che potesse veicolare quella che era la mia rabbia. Una rabbia che fondamentalmente vivono molte persone nere. Sono stato fortunato ad intercettare un percorso di lotta che mi ha dato la possibilità di poter maturare politicamente, di poter avere un confronto stabile e di tramutare in energia positiva quella che era rabbia. Prima di questo percorso politico, ho fatto parte occasionalmente di associazioni di volontariato sul mio territorio impegnate nella distribuzione di pacchi alimentari e di altre attività. Poi ho capito che in questo Paese è necessario un rovesciamento della situazione politica. Con la beneficenza o il volontariato si può migliorare la condizione di vita di una persona. Ma l'assistenzialismo non è la strada giusta per poter costruire quella che è una società nuova, dove possiamo essere liberi da quelle che sono le oppressioni che minano le nostre esistenze, come la povertà, il razzismo, il sessismo e l’omolesbobitransfobia.


D: Durante il Blackn[è]ss Festival, nel tuo discorso hai detto che "parlare di razzismo senza un collegamento alla lotta di classe non ha senso". Perché oggi è fondamentale tenere insieme lotta di classe, antirazzismo e lotte per i diritti, a partire dal lavoro? 

R: Il razzismo è soltanto uno degli strumenti che utilizza il capitale per portare avanti il suo profitto, ovvero il plusvalore. Penso, quindi, che l'unico modo per poter sconfiggere il razzismo è partire dalle basi. E partire dalle basi vuol dire partire dalle condizioni materiali della nostra gente. Se non si affronta questo problema, sarà sempre una battaglia totalmente elitaria che non va a cambiare lo stato delle cose. Per poter eliminare la violenza, bisogna intervenire sul razzismo istituzionale nei confronti della componente migrante del nostro territorio e sui diritti di cittadinanza. Più di 1 milione di ragazzi e ragazze nascono, crescono, vivono qui ma si ritrovano nella minore età a non vedersi garantiti gli stessi diritti, pur essendo minorenni. E questo crea già una disparità di trattamento dei minori. È impensabile poter combattere solo la sfera linguistica, culturale o il razzismo atmosferico senza concentrarsi su quelle che sono le piaghe che affliggono la nostra comunità, come il lavoro nero, il lavoro grigio e il non rispetto dei diritti fondamentali che spetterebbero ad ogni persona, sanciti dalla Costituzione e dai trattati internazionali. Quindi, bisogna partire da queste condizioni di marginalità per fare un ragionamento che inglobi tutti. Altrimenti non sarà la lotta di tutti ma soltanto di una fascia che, per certi versi, si può considerare privilegiata. 


D: Secondo te, qual è la situazione dei movimenti neri in Italia? A che punto sono? Qual è la tua analisi sulla situazione oggi? 

R: Ad oggi i corpi neri vengono relegati in una posizione di totale subalternità nel panorama politico, anche se stanno nascendo dei processi di collettività tra cui, "Non sulla nostra pelle" e il “Coordinamento antirazzista italiano”, uno dei primi processi dove si prova a passare da una oggettivizzazione politica a una soggettivizzazione, un protagonismo che non c'è mai stato nel Paese. È necessario, però, un momento di confronto tra le persone nere in Italia per capire quali sono le istanze da porre al centro e soprattutto, data la narrazione che viene fatta dei nostri corpi, come fare per evitare la strumentalizzazione ma anche e soprattutto l’infantilizzazione. Non abbiamo bisogno di essere raccontati ma di raccontarci, di mostrare quelle che sono le nostre abilità, le nostre doti politiche e di ragionamento perché conosciamo fin troppo bene quali sono le oppressioni, visto che le viviamo sulla nostra pelle. Dobbiamo, però, iniziare a fare un ragionamento collettivo che dia la possibilità alle persone nere di far parte di processi politici perché, data la bianchezza che c'è nello spazio politico italiano, queste persone non si sentono in uno spazio sicuro dove poter dire la propria opinione. Per smantellare questo sistema, c'è bisogno di creare comunità. La comunità fondamentalmente esiste ma è talmente disgregata che spesso non riesce a trovare dei codici che facciano da trait d'union. Ciò che dobbiamo provare a fare oggi è confrontarci quanto più possibile, porre al centro le nostre istanze ma anche noi stessi, i nostri corpi, perchè l’antirazzismo visto in questi anni è sempre stato calato dall’alto, calato dalla bianchezza e non ha mai visto i nostri corpi protagonisti. 


D: Puoi farci una panoramica sugli ultimi Decreti Cutro? Qual è la tua visione sulle politiche migratorie portate avanti da destra e sinistra in questi anni? 

R: Io penso che il razzismo istituzionale non nasca con la Meloni. Ma che il governo Meloni sia in continuità con quelli che sono stati i governi che l'hanno preceduto. Penso solo che sia cambiata la narrazione e la spietatezza con la quale si portano avanti determinati provvedimenti. Non dimentichiamo che il Decreto Cutro è stato annunciato a seguito di quello che è stata un’omissione di soccorso a 40 metri dalla riva di più di 90 persone che meritavano accoglienza. Chiaro il segnale che si lancia ai migranti privando loro della possibilità di poter ottenere la Protezione Speciale e finanziando l’aumento dei CPR. Ricordiamo che le morti nel Mar Mediterraneo non sono iniziate ieri ma parliamo di oltre 26 mila morti negli ultimi dieci anni a causa di politiche migratorie dell’Unione Europea volte alla difesa dei confini e non degli esseri umani. I mandanti politici di queste morti sono stati anche i vari governi di centro-sinistra che si sono susseguiti negli anni. Importante non polarizzare la discussione soltanto alle morti in mare ma ricordare anche tutte le morti nelle campagne di questo Paese. Spesso sono persone che scappano da condizioni create dall’Occidente, da politiche estrattiviste e predatorie.


D: Parlando in generale del festival, cosa ne pensi di Blackn[è]ss fest e perché è importante uno spazio come questo in Italia?

R: Mi sono trovato benissimo al Blackn[è]ss fest. I panel sono stati tutti interessanti. Il mio preferito è stato quello sulla salute mentale perché se ne parla troppo poco, invece questo è un problema della collettività. Quindi portare questi ragionamenti all'interno della comunità e dire “non sei solo”, ma ci sono dei “safe spaces” dove puoi parlare, dove puoi ascoltare chi forse ha già maturato un pensiero su questa condizione che spesso, in un sistema capitale, si abbatte su tutti e tutte, ma se sei una minoranza ancora di più, penso sia fondamentale. Inoltre ho apprezzato il Blackn[è]ss fest perché ha dato la possibilità di mostrare la bellezza delle nostra cultura, una cultura nuova che noi stiamo provando a portare nel Paese. Quindi, lunga vita a quelli che sono momenti di confronto inter comunitari, sperando che ce ne siano sempre di più. 


D: Progetti e lotte future? 

R: Attualmente seguo soltanto l'assemblea costituente del Coordinamento antirazzista italiano. Ci siamo prefissati come obiettivo quello di far luce dove l'antirazzismo italiano non arriva. Ci sono avvenimenti razzisti dove non c’è alcun tipo di copertura. Noi andiamo lì a portare quella che è la nostra contro narrazione, ma soprattutto a difendere la nostra comunità, ad alzare la voce e dire che questi eventi non devono mai più avvenire. Ad esempio, abbiamo portato avanti due manifestazioni in seguito alla morte di Oussama Ben Rebha a Padova o di Alika Ogorchukwu, l’uomo nigeriano ucciso a Civitanova Marche. Come reti informali antirazziste, stiamo provando a portare un ragionamento nuovo nel Paese: non sarà più la politica a darci la parola, a decidere quando noi abbiamo diritto di parola, ma saremo noi a decidere quando vogliamo parlare, quando vogliamo alzare la voce, quando vogliamo denunciare quanto ci fa schifo questo Paese e da chi vogliamo farci rappresentare. Inoltre le sinistre di questo paese devono comprendere che noi persone razzializzate siamo cittadini come loro e non possiamo parlare soltanto di antirazzismo ma abbiamo il sacrosanto diritto di dire la nostra su ogni oppressione, che sia dall'ambiente o qualsiasi altro genere di oppressione. E non possiamo essere relegati semplicemente a macchiette nere quando si parla di antirazzismo. Noi siamo in grado di poter parlare di qualsiasi cosa perché siamo dei soggetti politici e non siamo il loro oggetto politico, alla totale convenienza, alla mercé della politica di maquillage della sinistra italiana, questo no. 




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