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marcello petitta
Febbraio 22, 2023
Giustizia Climatica

Il cambiamento climatico ha bisogno di un approccio sistemico perché ha molteplici impatti sulla vita umana

La voce di Marcello Petitta, intervistato da Sara Manisera, FADA Collective

Intervista a Marcello Petitta, fisico dell’atmosfera, climatologo, ricercatore dell’università di Tor Vergata.

 

D: Puoi presentarti? Chi sei, cosa fai e qual è stato il tuo percorso accademico? 

R: Sono Marcello Petitta, sono un fisico dell’atmosfera e un climatologo, ho un dottorato di ricerca in Ingegneria Aerospaziale e lavoro nel clima dal 1999. Mi occupo di clima, non di metereologia. Fino al 2008 ho lavorato nell’accademia, poi sono andato all’Eurac, un centro di ricerca in Alto Adige, dove ho coordinato un gruppo per il rilevamento dell’atmosfera. Nel 2012 sono tornato a Roma a lavorare all’Enea e, da febbraio 2022, sono all’Università di Tor Vergata come ricercatore. In tutti questi anni, ho avviato anche attività private che si sono occupate di clima, tecnologia e satelliti. Ho cercato, dunque, di parlare ai due mondi, quello della ricerca e quello dell’economia, che ovviamente hanno obiettivi diversi. L’altro aspetto su cui ho lavorato in questi anni è la divulgazione scientifica, cioè imparare a parlare con persone diverse, che non conoscono la fisica e non lavorano nell’accademia. 


D: Perché hai voluto tenere insieme la ricerca e l’economia, diciamo il mondo più imprenditoriale? 

R: Ciò che succede nella nostra società è che molto spesso si diventa bravi e iperspecializzati solo in una cosa. In questi anni ho capito che era importante andare a capire come certi argomenti fossero trattati anche in altre discipline. Il clima è una scienza, si parte dalla fisica e con gli strumenti della fisica si vanno a cercare delle risposte ma quando si parla di cambiamento climatico, ciò implica che ci siano implicazioni su più livelli e questo significa che bisogna considerare e mettere insieme le scienze economiche, sociali, politiche, della comunicazione perché il cambiamento climatico ha degli impatti diversi sulla vita umana. Per questo chi si occupa di queste cose dovrebbe avere un background su più argomenti. Ciò che ho fatto in questi anni è lavorare insieme a sociologi, psicologi e economisti per confrontarsi su più questioni. 


D: Cosa vuol dire affrontare la crisi climatica e la crisi idrica tramite i servizi climatici? 

R: Come abbiamo detto, il cambiamento climatico prevede l’inclusione di altre discipline perché il clima ha degli effetti sulle nostre vite da diversi punti di vista. Ad esempio, se io sono un contadino e non posso più produrre cibo questo ha degli impatti sia sul cibo che non posso più vendere, sia su quello che non posso più mangiare. La domanda che ci siamo posti è come trasformare l’informazione climatica in un’informazione che possa essere utilizzata da quello che noi chiamiamo l’utente finale, ovvero la persona che fa il proprio lavoro ad esempio il contadino, chi gestisce una centrale elettrica o un’azienda di trasporti a grande scala, o chi ha una piccola casa in campagna e deve far fronte a dei cambiamenti. La trasformazione da informazione scientifica a dato utilizzabile dall’utente finale si chiama servizio climatico. 


D: Ci può essere il rischio che questi dati siano in mano a poche aziende private? 

R: Il rischio c’è e come in tutto bisogna saper porre delle regole. La Commissione Europea ha fatto un lavoro enorme perché ha reso gratuiti tutti i dati climatici e satellitari. Chiunque può accedervi e chiunque può usarli per qualsiasi scopo, anche commerciale. Per le piccole e medie imprese questo è un vantaggio enorme perché prima i dati costavano moltissimo. Il ruolo dello scienziato è quello di allargare la platea di questi utenti. Adesso noi lavoriamo sulle previsioni stagionali, ovvero le tendenze dei prossimi mesi, ad esempio se il prossimo febbraio sarà più caldo o più freddo. Queste informazioni possono essere usate dalle multinazionali ma, essendo pubbliche, anche lo stesso agricoltore che vende grano a una multinazionale potrà prendere delle decisioni, per esempio aumentare il prezzo. Assistiamo a una forma di democratizzazione del dato e dell’informazione climatica. Il ruolo di chi fornisce servizi climatici è dire al piccolo agricoltore, alla media impresa o alla grande multinazionale quali sono i dati per migliorare il suo stato di benessere. 


D: Puoi farci un esempio? 

R: In Alto Adige, molti produttori di vino hanno comprato terreni oltre i 700 metri di quota. Si tratta di terreni che non producevano vino, vista l’altitudine. Con il riscaldamento climatico, quei terreni diventeranno ottimi per la produzione di vino. Grazie al servizio climatico, questi imprenditori si troveranno fra sette o dieci anni con nuovi impianti di vite, una pianta che richiede tempo per avere una produzione. Un altro esempio opposto è il Malawi, uno dei cinque paesi più poveri al mondo, dove la società è di tipo matriarcale. Sono stato lì ad ottobre e abbiamo parlato con circa 60 contadini, tutti perfettamente coscienti della crisi climatica. Loro ci hanno chiesto delle informazioni molto specifiche sulla stagione delle piogge perché hanno osservato un ritardo da ottobre a dicembre e questo ha delle ripercussioni sulla maturazione del grano che seminavano. Loro ci hanno chiesto delle previsioni sull’inizio e sulla fine delle piogge perché in questo modo si possono adattare, spostando la semina o comprando un altro tipo di seme che matura più rapidamente. Loro sapevano cosa gli serviva e noi abbiamo fornito loro questa informazione. È importante, però, sapere come fornire queste informazioni. Ad esempio, in un progetto in Etiopia con il World Food Programme (WFP) di allerta piogge, ci siamo resi conto, insieme a sociologi e psicologi, che il nostro servizio sms non veniva recepito perché gli utenti non sapevano leggere quindi abbiamo iniziato a mandare messaggi vocali. Per questo il clima è una disciplina che abbraccia tanti ambiti. Inoltre, va considerato un altro elemento, ovvero la percezione del rischio che cambia nei paesi del sud o del nord globale. 


D: I dati climatici potrebbero, quindi, aiutare a prendere delle scelte anche in ambito politico?

R: Noi in fisica parliamo di scale temporali. Se piove tanto per tre ore si intasa la città. Se c’è una prolungata siccità, i prezzi di frutta e verdura saranno altissimi per i prossimi due anni. Il problema è la scala temporale del mondo politico perché è molto lenta, in Italia parliamo di decenni. La scelta politica è più interessata a dare dei condoni o dei bonus invece di fare investimenti di 10-15 anni, i cui effetti saranno visibili dalle prossime generazioni e non dai pensionati di oggi, quindi per la politica non c’è vantaggio. Questo è un problema enorme. In Germania e Francia la situazione è diversa perché le scelte a medio-lungo termine sono condivise da diversi schieramenti politici. Quindi, in teoria, questi dati potrebbero essere utilizzati ma la politica in Italia non è fatta per questo tipo di scelte. 


D: Come fanno, però, i singoli cittadini a cambiare senza una cornice giuridica? Non pensi sia ingiusto responsabilizzare solo il singolo? 

R: Questi sono pensieri personali ma credo sia importante porre al centro l’energia per rispondere a questa domanda. La nostra società si basa su combustibili fossili a basso costo. Noi usiamo tantissima energia per fare le nostre azioni quotidiane. In questo momento stiamo usando le batterie dei nostri cellulari, le antenne e via dicendo.. insomma bruciamo combustibili fossili. Questo ha causato l’aumento di anidride carbonica e il riscaldamento del pianeta. Un ruolo centrale, dunque, è ricoperto dall’energia. Oggi ci troviamo di fronte a una gestione centralizzata dell’energia ma avremmo bisogno di una gestione più decentralizzata dove ognuno inizia a produrre la propria energia per essere meno dipendenti da quella centralizzata. Avremmo bisogno di un movimento dal basso, perché tanti singoli, messi insieme, possono svolgere una parte importante di cambiamento. Il ruolo dell’energia nel discorso climatico è fondamentale perché il nostro benessere dipende dall’energia, quindi bisogna iniziare a pensare a come è distribuita, che tipo di accesso all’energia avremo e quale sarà il ruolo delle grandi compagnie. Se ci produciamo noi l’energia, queste compagnie avranno ruoli diversi. 


D: Quali sono i tuoi progetti futuri? 

R: Lavorando in modo trasversale, vorrei continuare a farlo abbracciando anche la parte politica. C’è un altro aspetto su cui vorrei lavorare ed è quello dell’intelligenza artificiale. Mi interessano le ricadute e le implicazioni etiche, i suoi futuri utilizzi e come cambierà la società e il lavoro grazie all’intelligenza artificiale. Il lavoro, forse, non sarà più centrale. Come cambierà l’umanità senza il lavoro? 









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